11 marzo 2020
Ci viene chiesto di stare a casa, ma noi siamo più furbi, siamo sani e atletici, nulla ci spaventa. Secondo un’amica quelli che hanno continuato con i loro aperitivi serali in caso di ricovero andrebbero curati con spritz e patatine.
Sarebbe giusto, ma non sarà così, il medico cura il corpo qualunque sia la testa lì avvitata.
Siamo giovani e atletici e con ogni probabilità occuperemo il posto di qualche immunodepresso (magari giovane come noi), che nonostante le sue attenzioni si è imbattuto in un imbecille più furbo di tutti. Lui crepa e a noi in fondo non ci tocca, nemmeno lo conosciamo, era malato da tempo, poveretto.
A noi verrà riservato un posto letto in rianimazione e guariremo (siamo giovani e atletici).
Ecco, un giro in rianimazione andrebbe fatto, non è proprio un soggiorno da resort, nonostante il costo giornaliero di ogni paziente sia più o meno quello di una suite in un 5 stelle lusso.
Io ci ho “vissuto” per circa 4 mesi da parente e se la morte non ci spaventa (perché troppo lontana) forse qualcosa di quello che ho visto sì.
Quando un paziente entra in rianimazione se non è in grado di respirare autonomamente viene intubato, gli infilano un tubo in gola (e può capitare che le corde vocali si lesionino) e lo collegano ad un respiratore, la sua cassa toracica assume un movimento meccanico, non è respiro è ventilazione forzata.
Io quel movimento ritmico non lo dimenticherà mai…
Il paziente viene sedato (coma farmacologico) e da quel momento non ha più il controllo del suo corpo.
A poco a poco i tubi che entrano in quel corpo si moltiplicano. Un tubo entra nei genitali per urinare; s’infila un ago enorme nel collo (cucito alla pelle) che consente l’accesso arterioso per i farmaci che vengono inoculati da una macchina; potrebbero essere necessari dei drenaggi per cui sarebbe necessario bucare la pelle e infilare dei tubi che grondano liquidi schiumosi; un sondino entra dal naso per raggiungere lo stomaco e alimentare il paziente che viene poi collegato ad una miriade di cavi che riportano e monitorano tutte le funzioni vitali a macchine il cui compito è quello di suonare non appena qualcosa non va.
Normalmente il paziente è nudo, coperto con un piccolo lenzuolo sulle parti intime, potrebbe avere il pannolone o essere semplicemente lavato ogni volta che defeca.
La rianimazione poi, è un luogo dove da un minuto all’altra si passa da un silenzio irreale cadenzato dai suoni delle macchine ad attimi di pura follia, in cui tutti gli allarmi suonano contemporaneamente e tutto il personale si precipita sul paziente di turno nel tentativo di strapparlo alla morte. Non è facile.
Alle volte i suoni si placano, altre volte si fa posto ad una bara di acciaio che porterà via quel corpo morto.
Per i più fortunati la degenza si protrae, ma visto che la priorità lì è mantenere in vita ci sono tutta una serie di conseguenze “minori” che quei corpi subiranno.
Il tubo in gola per respirare verrà sostituito da un’altro che entra direttamente dalla trachea, il sondino per l’alimentazione verrà spostato direttamente sullo stomaco, forando quel che c’è da forare. Il tono muscolare già dopo pochi giorni si perderà completamente (eravamo atletici ora siamo inermi), serviranno mesi di riabilitazione per ricominciare a svolgere le normali attività quotidiane. Per ragioni igieniche potrebbero anche decidere di rasare i capelli. La posizione immobile e forzata causerà piaghe da decubito che se guariranno, dopo mesi di trattamento, lasceranno cicatrici enormi prive di capelli e peluria.
Tutto questo accadrà ai più fortunati, quelli che prima o poi usciranno dalla terapia intensiva, ma sopratutto capiterà a quelli che in rianimazione sono stati ricoverati. Già, perché in un momento di emergenza sanitaria non tutti godranno di questo diritto.
Lo so per certo, perché noi nel caso di aggravamento siamo fuori.
Quindi emerito imbecille che continui a sprizzare gioia dalle cannucce del bar, vedi di non rompere i coglioni alla comunità e chiuditi in casa, che quel cazzo di divano là in rianimazione se lo sognano tutti i giorni come il luogo più bello dove tornare forse un giorno.